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Poesie, aforismi, filosofia, foto del mondo, concorsi, matematica, personaggi, UFO. |
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Copyright @ opere di Domenico Ruggiero
- CITARE sempre la fonte.
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Chi è MICHELE di LONARDO ? (di D. Ruggiero - 20-05-2012) |
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Un piccolo "genio"? No, un genio, questo grande "maestro",
ora in pensione!
Capace di inventare quadrati magici, grandi quanto un campo
di calcio...
Questo quadrato magico, inserito nella mia pagina, è più
grande di un foglio UNI A0, rimpicciolito per darvi almeno
l'idea di ciò che il maestro Michele di Lonardo può e sa fare.
Michele di Lonardo nasce a Rionero in Vulture, nel 1924.
Michele ha vissuto la sua infanzia a Rionero, un comune
italiano della provincia di Potenza.
Dopo l'esperienza militare durata 2 anni in qualità di
ufficiale nell'esercito italiano, vince un concorso pubblico
nelle scuole elementari.
Per molti anni svolgerà l'attività di insegnante presso le
scuole di Barletta e della provincia di Potenza.
Raggiunta l'età pensionabile, decide di abbandonare la
carriera scolastica e negli anni a venire dedicherà il proprio
tempo alla "passione dei numeri", come lui la chiama.
Giocando con i numeri , si impegna meticolasamente
alla ricerca di una "costante magica matematica", chiave
per risolvere i suoi cosiddetti "quadrati magici".
Un quadrato magico è una figura regolare quadrettata,
di diversa grandezza, all'interno della quale sono disposti
numeri la cui somma per ogni colonna e per ogni riga dà lo
stesso risultato. Inoltre, sommando i numeri, disposti lungo
le diagonali principali del quadrato si ottiene il medesimo
risultato.Tutto questo è possibile grazie a una serie sofisticata
di operazioni matematiche, che il maestro Di Lonardo nel
corso degli anni ha sviluppato e perfezionato.
I quadrati magici sono, come già detto, di diversa grandezza,
alcuni raggiungono dimensioni impressionanti, come il
quadrato che assume le dimensioni di "un campo di calcio".
Il maestro ama trasmettere alle nuove generazioni questa frase:
"non vedete la matematica come una bestia nera, ma come
divertimento."
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AGGIORNAMENTO - 6-4-2013
Saggio di stampo filosofico: la profonda identità di un maestro di vita
di Fabio Squeo
Quanti di noi possono dichiarare apertamente di essere veramente soddisfatti per aver chiamato “maestro” un uomo pieno di vitalità e di esperienza, che ha reso celebre ogni passo della nostra più intima esperienza. Possiamo dichiarare la nostra fierezza per l’insegnamento ricevuto da un maestro di vita? La frase epocale del libro “Cuore" di Edmondo De Amicis pare confermare tale esito:
“Pronuncia sempre con riverenza questo nome – maestro – che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo”.
Ogni maestro è per sua natura un «in-segnante», cioè colui che ha raggiunto, attraverso la giusta “conditio Animi” , un sapere in fatto di educazione-istruzione e formazione accademica, e non solo: egli è specialmente colui il quale imprime un chiaro segno nel nostro straordinario deposito spirituale. La grandezza del suo sapere, non è vigente qualitativamente a partire dalle infinite risposte estese negli eterni campi d’azione applicabili al reale; egli è la configurazione umana di un modo d’essere superiore al particolare e al tempo stesso vicino all’universale. Egli scavalca, ferito dalle mazzate della vita, il muro granitico dell’esistenza, pone al servizio dell’altro il proprio tempo, le proprie virtù, le proprie essenze. Egli è sempre pronto a cedere le proprie mani, i propri piedi, la pienezza del proprio volto luminoso, per oltrepassare il ponte delle contingenze storiche e delle particolari scelte interpretative-illusorie note alla dimensione umana. Il maestro, grazie alla presa di coscienza del contatto con la dimensione propriamente umana, instaura un serio confidenziale rapporto “io-mondo
o Io-altro” proprio dove Martin Buber carica di significato
l’apparato valoriale del “TU”, in quanto elemento inscindibile
dall’IO partoriente di alterità, alito di eternità.
In Esso (nell’IO e tramite l’IO) il “TU” scopre la grandezza d’essere, privo di appannaggi surreali. Chi ha avuto il privilegio di aver incontrato un maestro sa che l’eredità ricevuta lo impegna a supportare due grandi valori fondamentali, finalizzati all’incentivo morale : il valore della responsabilità e il dono. Il maestro favorisce attraverso la propria esperienza di vita - per dirla con Henry Bergson - << il giusto slancio vitale>> e il santo richiamo al senso di “responsabilità” rappresenta il tracciato stradale, che si dimostra al tempo stesso, non facile, ma sì percorribile, attingendo proprio a partire dall’esperienza effettiva/effettuale. L’Inno al maestro riesce a scuotere i nostri padiglioni, a delineare i nostri profili disegnati incautamente dalla terrestrità effimera e ci richiama a ciò che vi è di più celeste e autentico; volge, cioè, il proprio occhio magico alla creazione di una coscienza autonoma nello spirito individuale. Facendo crescere in noi la determinazione,
l’amore per la curiosità, la passione per la vita e il senso della
ricerca costante, l’impegno delle scelte, anche quelle che
sembrano minori, la visione d'insieme e il gusto della memoria
e dell’arte.
Perché solo in questi termini è possibile percorre per mano
la strada più breve, tra le tante che portano alla verità nella
sua totalità efficiente.
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