La scrittura di Domenico Ruggiero è particolarmente valida sia quando l’autore scrive in versi che quando sceglie la prosa, per esternare la sua particolare visione del mondo. Questo è un primo importante valore da sottolineare, in quanto non molti artisti possono vantare la proprietà di un’efficace scrittura non legata esclusivamente ad una sola forma d’arte. Anche nella raccolta «Là dove finisce l’onda» sono presenti vari componimenti in prosa, non solo poesie.

Tuttavia, Domenico Ruggiero predilige sicuramente  il verso, perché consapevole di un valore particolare che solo la poesia può offrire: il saper condensare ciò che si vuole comunicare nella brevità, in un’immediatezza che – quando l’artista è capace – arriva al lettore con tutta la forza dell’essenzialità. Pochi versi, e spesso distanziati da altrettanto efficaci spazi, sulla pagina, delineano quell’ «eternità del presente» alla quale si fa cenno sulla copertina. In questa espressione io vedo la volontà dell’autore di far suo il perenne sforzo di andare oltre la superficie, l’apparenza, il “ciò che sembra”, per mostrarci, appunto, l’eternità del presente, cioè le forze, i valori e anche le pulsioni che il tempo e lo spazio non possono cambiare, ma possono solo proporre e riproporre in infinte varianti. Compito dell’artista è mostrare il sommerso, e questo artista lo fa consapevolmente, consapevole dell’alto valore di questo tentativo.

«Là dove finisce l’onda» è perciò, tra l’altro, un viaggio necessario, che attraversa la vita con ironia e leggerezza, con sagacia e determinazione, anche quando vengono affrontati temi dolorosi. Spesso il livello personale e quello sociale si intrecciano, in questa scrittura particolare, rammentandoci così lo stretto legame che esiste tra “io” e “tu”, tra individuo e collettività. L’acume del poeta nota e fa notare gli infiniti fili sottili che legano gli eventi. Tutto è in continuo divenire, come Domenico afferma più volte («Ma la ruota gira / e rigira» nella poesia «Canta chitarra»), ma il poeta è sempre presente per registrare tali cambiamenti. Egli quindi è anche cronista attento dell’animo umano, pronto ad annotare e a riportare nel taccuino dell’arte la complessità che ci circonda e ci riempie.

Tanti sono i versi che colpiscono chi legge, che si stagliano nitidi e inducono a riflettere da un punto di vista certamente non comune e altrettanto sicuramente non banale. Il lessico che Domenico Ruggiero adopera è diretto, energico, curato nell’efficacia dei singoli termini adoperati ma anche per quanto riguarda il componimento nella sua interezza.

Concludo riportando due versi compresi nell’omaggio ad Alda Merini: «e congiunti / alla sorgente di vita». Domenico anela a questa sorgente, perché sa che è l’unica che può davvero dissetare la sua sete di Verità. Un percorso, il suo, sicuramente spirituale, non necessariamente religioso. Al di là del mare materiale che ci distrae, egli trova la sua quotidiana ragione di vita nell’essenza: questo è certamente il dono più grande che gli ha fatto l’arte, dono che si riflette in tutti noi lettori delle sue opere.

                               Francesco Sicilia