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IL BALLETTO DI LOSANNA CON LO SPETTACOLO
DEDICATO A DONN E MERCURY

(di Pasquale Bellini - LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO)

La smagliante luminosa bellezza di 35 danzatori in movimento, lo smaltato nitore visivo dell'impianto scenico e delle luci,
con i costumi disegnati da Gianni Versace, la ricerca spasmodica (quasi dolorosa) della perfezione estetica, fanno indubbiamente di questo Presbytère di Maurice Béjart una delle tappe simbolicamente cruciali nella produzione del coreografo e creatore francese (ma anche un po' belga e
un po' svizzero).
Il balletto ... fu creato da Béjart nel 1997 nell'intento insieme
etico e celebrativo di ricordare 2 figure importanti del mondo
artististico e musicale:
il ballerino  Jorge Donn, etoile del suo Ballett nonché suo
compagno, il cantante Freddie Mercury, star dei Queen.
Entrambi morti a 45 anni di Aids alcuni anni prima.

Tanto per memorizzare, Jorge Donn è il ballerino di origini
argentine, quello del famoso Bolero di Ravel, immortalato
nel film di Lelouch del 1985. Niente cupezze però, nella
coreografia di Béjart, anzi a momenti ironiche dissacrazioni
vitalistiche, sprazzi di disinvolta "allegria", sulle musiche
coinvolgenti dei Queen con le loro famosissime canzoni,
nonché del signor Wolfgang Amadeus Mozart, di cui
risuonano brani da Così fan tutte e dal Don Giovanni come
da altre pagine.
Ce n'è, ce n'era, per in parte scandalizzare, in parte
glorificare la ricerca della bellezza e della vitalità creativa
attraverso l'arte. Anche attraverso il gioco teatrale del
travisamento. Il sovratitolo dello spettacolo recita infatti
tuttora Ballett for life a bilanciare anche, nell'assunto, il
misterioso titolo originale Presbytère (n'a rien perdu de son 
charme , ni le jardin de son éclat) ricavato da una frase del
romanzo La stanza gialla di Gastone Leroux (l'autore del
Fantasma dell'Opera per intenderci): è un gioco tutto
francese, un po' surrealista, di metaforica illusione.
Così nel ritmo continuo delle sequenze coreografiche
compaiono simboli e segnali della vita e della morte:
i costumi di Versace (preferibilmente in bianco e nero)
alludono a spose bianco-vestite o a fanciulle o fanciulli
in fiore, così come a più cupe figurazioni diaboliche, con
evocazioni che oscillano fra sentimentalismo romantico
e crudezze visionarie.
Così risulta commossa e commovente quella sorta di
"danza macabra" dei corpi sulle barelle d'ospedale, come
per un legame al di là della vita. Lo stesso quando calano
enormi radiografie, mentre dei corpi reali danzano davanti 
alle ombre degli scheletri.
Balletto oltremodo "classico" questo di Bèjart, rimesso in espace dall'attuale direttore artistico Gil Roman:
la sua dimensione classica e sostanzialmente narrativa,
oltre alla ricerca spesso del glamour mediatico costò, a
Bèjart, com'è noto, una certa critica sussiegosa.
Proprio a proposito di Presbytère, Bèjart fu accusato
di plagio e dovette affrontare un processo.
Spettacolo punteggiato da applausi nella prima al Petruzzelli
(di Bari), in crescendo di tensione e grande dispiegamento di classe e potenza coreografica.
Un inserto filmato anche, a mo' di dedica e omaggio con
immagini dal repertorio di Jorge Donn ai suoi giorni
di gloria. 
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