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Poesie, aforismi, filosofia, foto del mondo, concorsi, matematica, personaggi, UFO. |
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Copyright @ opere di Domenico Ruggiero
- CITARE sempre la fonte.
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MONOGRAFIA di Eleonora Cogliati (9-5-2013) |
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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso.
L’opera dello scrittore è soltanto
una specie di strumento ottico
che egli offre al lettore
per permettergli di discernere
quello che, senza libro,
non avrebbe forse visto in se stesso.
(Marcel Proust)
©COPYRIGHT 2013 BY EDITRICE TOTEM
VIALE ACQUA MARINA 3
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TEL. 06/90286930 – 389/5468825
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI
VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE
Ottimizzazione redazionale di Angela Giassi
Gianfranco Cotronei
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Il volo infinito
di Eleonora Cogliati
monografia
N. 42 COLLANA IMPORTANT
Editrice Totem
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1
La vita
2
Opere, premi
3
Il nodo critico
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1
La vita
Eleonora Cogliati è nata a Lecco il 24 marzo 1969. Ha sempre vissuto nella sua città natale ma forte è l’attaccamento alla terra d’origine della nonna paterna, il Friuli, a cui sente di appartenere. Proprio a quella campagna, semplice ma vera, sono legati i più bei ricordi di fanciulla e adolescente: le corse a perdifiato nei prati e tra i campi di grano, i giochi nei granai, nelle stalle e nei fienili, la vita contadina, il profumo delle rubinie in fiore in primavera e l’odore acre delle sterpaglie bruciate in autunno, il canto dei cucù al sopraggiungere dell’estate, il cielo notturno stellato e vibrante.
Ha conseguito la maturità scientifica ed è socia dell’impresa di famiglia con mansioni amministrative e commerciali. Il lavoro la porta a viaggiare per il mondo; da qui l’interesse per la natura, l’arte e la storia. Altre due grandi passioni che l’accompagnano da sempre sono la lettura (dai classici autori francesi e russi fino al contemporaneo Ken Follet) e la musica classica.
Nel 1998 il matrimonio e il 6 luglio 2001 la nascita del primogenito Riccardo. Il 5 febbraio 2005 viene alla luce Edoardo. Di lì a pochi mesi la crisi coniugale cui farà seguito nel 2007 la separazione.
Crollate le speranze e le aspirazioni per il futuro, si dedica completamente ai suoi bambini e scopre la sofferenza interiore e la solitudine. Una notte d’estate, un risveglio improvviso la porta a comporre la sua prima poesia (“Risveglio…”, luglio 2009). Da questo momento attraverso la scrittura riuscirà a trovare conforto e ad esorcizzare in parte il dolore che la affligge. Oggi Eleonora risiede a Olginate insieme ai suoi figli e a Davide, compagno di vita e di poesia.
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2
Opere, premi
Opere:
GOCCE DI EMOZIONI
Aletti Editore – maggio 2011
ANIMA
Aletti Editore – in fase di pubblicazione
Premi e riconoscimenti
Diploma con medaglia al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Prato: un tessuto di cultura edizione 2011 – sezione poesia inedita.
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Menzione d’onore al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Firenze capitale d’Europa edizione 2011 – sezione poesia inedita.
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Segnalazione di merito al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Firenze capitale d’Europa – edizione 2011 – sezione poesia edita.
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II classificata al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Prato: un tessuto di cultura edizione 2012 – sezione poesia inedita con la lirica “Ti stringevo la mano…” con la seguente motivazione: La gioia e l’amore che legano due persone. Felici s’incamminano, mano nella mano vanno incontro al loro destino. Poesia che ti riempie il cuore d’amore.
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V classificata al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Prato: un tessuto di cultura edizione 2012 – sezione poesia edita.
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I classificata al Premio Pensieri in versi edizione 2012 – sezione poesia inedita con la lirica “Mi risveglio”, con la seguente motivazione: La poesia di Eleonora Cogliati, “Mi risveglio”, attraverso un linguaggio metaforico si fa sintesi di un percorso interiore che affida alla parola i turbamenti dell’animo. Il verso intriso di ampio significato lessicale riesce, attraverso la forza della poesia, a ripercorrere il cammino dell’uomo, mentre la natura si fa ambasciatrice con “il monotono ticchettio sui cocci del tetto”. La pioggia è preludio di un animo uggioso, che cerca invano l’aurora nei meandri del cuore. Nella lirica c’è la parte più intima della donna che si fa portavoce delle angosce, che incupiscono la vita. Possiamo dire che si tratta di una poesia che traccia il percorso esistenziale dell’io.
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Menzione d’onore al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Firenze capitale d’Europa – edizione 2012 – sezione poesia inedita.
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Segnalazione di Merito al Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Firenze capitale d’Europa – edizione 2012 – sezione poesia edita.
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V classificata al Premio Nazionale di Poesia Edita Leandro Polverini – edizione 2012 – sezione poesia esistenziale con la seguente motivazione: Lirica pacata, intima, totalizzante nella sua felice fusione con la natura a conseguire una rigenerazione panica a cui non serve, se non rarissimamente e in accenti comunque lievissimi, aggiungere presenza umana laddove l’elemento vitale è sempre lì, pronto a sbocciare, a impadronirsi d’ogni anfratto di bellezza con le sue esistenziali gocce di emozioni.
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3
Il nodo critico
La poesia di Eleonora Cogliati viola il principio di non contraddizione e richiama ricche percussività contemporanee la cui connotazione visiva e sonora non è mero oggetto dei sensi, della vista e dell’udito, ma anche metafora e simbolo talché la sua versificazione illumina le gocce di emozioni della nostra biografia.
Fratture e controritmi abitano il profondo dell’Autrice con fantasmi e imprevedibili fioriture di voci segrete laddove i lumi del mistero in cui affondano i suoi versi si rivelano strumenti che ci portano oltre il limite che rende inutile un’ampia distanza.
In questo senso condividiamo quanto scrive Silvio Bordoni (prefazione a Gocce di emozioni, Aletti editore, 2011) “un destino già segnato a richiamare il gusto della vita, come di un sogno antico che si sottrae al dissolversi di una gioia e che di nuovo si concede alla parola”.
La cosa si ripropone ad ogni nuova alba sul pianeta, allorquando l’Autrice fa posto dentro la poesia a una narrazione mimetica e ricca di impalpabili visioni di paesaggi dell’anima mediante un’accelerazione del pensiero o del sentimento.
Le affettività, polarizzate attorno ai suoi legami più profondi, creano atmosfere di profondo impatto emotivo, espresse attraverso una versificazione tesa a incunearsi nelle strettoie di particolari vicende interiori.
…un soffio…
…e affido questi petali al vento…
…afferrali al volo
custodiscili…
…hanno vinto l’inverno per te…
…non lasciarli sfiorire…
Questa poesia, che chiude la silloge sopra citata, titola A te ed il prefatore ne rimarca “un improvviso e insperato scambio di energia tra due esseri che di nuovo credono e tentano una rinascita come da sempre la poesia dei sentimenti ci induce a sperare”.
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Altrove, il tono lirico della raccolta vive di un’erranza sospesa in una visionarietà che racconta la perdita, spinta talvolta sino all’annichilimento, delle ossessioni che inquadrano per bagliori un enigma, il lato oscuro del vivere.
…lacrime scorrono sul viso…
salate come l’acqua in cui cadono
e si dissolvono…
copiose da trasformare il mare in oceano…
una giovane donna…
…sola…
Ma questa di Eleonora Cogliati non è una semplice raccolta di poesie, come giustamente annota Guido Milani, specie laddove l’estrema duttilità musicale del suo linguaggio evocativo riesce a tradurre in parole le impennate creative dell’Autrice e rimanda al ricco paesaggio lirico di Montevecchia, che intreccia il fisico con il metafisico in una tonalità leopardiana meritevole di ascolto.
È il calar della sera…
…mentre nell’abbraccio delle ombre
che si allungano pigre
lentamente il crepuscolo dissolve ogni cosa
nel tenue chiarore del giorno
ormai pronto a svanire
di Montevecchia il profilo si staglia nel cielo.
Oltre il nero orizzonte lo sguardo si perde…
…e muore dietro un velo di lacrime
testimoni silenti di un oscuro presagio…
…l’immoto presente che mai diverrà domani…
L’elemento di fondo che accomuna molti di questi versi è l’esposizione di stralci e ritagli di vita quotidiana, colta nella sua spoglia patologia. E non è elemento che sorprende, la figurazione congiunturale di notizie che si travestono da confessioni intrise di realismo mimetico del privato.
Non a caso, Silvio Bordoni cita il canto d’emergenza di Paul Celan per rendere il clima lirico delle stanze alfabetiche dentro cui si muove l’Autrice con la sua trasversalità e contaminazione poetica fuori degli oggetti intenzionati esteticamente, assorbendo così nella scrittura un nuovo linguaggio del mondo, fatto di materiali sofferti e desueti a creare una nuova organizzazione di senso.
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Eleonora Cogliati declina una pluralità di significati in una dirompente tensione poetica laddove i suoi schizzi e i suoi versi si muovono nell’intramontabile spleen romantico di un estremo tentativo di sottrarsi all’affermazione diffusa dell’effimero, oltrepassando il guado di zone buie e rimosse.
La sua poesia intimista rivela una interiorità forgiata da dure prove della vita e polarizza estraniamento e un conseguente cercare rifugio in un mondo diverso laddove il riverbero dei sentimenti catturati attraverso un gesto, un movimento, uno sguardo diventa linguaggio evocativo che riesce a tradurre in parole gli affanni emotivi e le affettività spezzate.
La percezione del divario tra realtà e sogno e aspirazione alla felicità infrangono il limite imposto da un mondo che vuol imbrigliare i sentimenti spegnendone il calore.
Notte di luna piena…
…due anime allo sbando
agghiacciate
impietrite
squarciate
incatenate al passato…
crudele dolore presente
si nutrono timorose del di lei chiarore…
Troviamo in quest’ultimo verso un chiaro indizio della voglia di luna e del di lei chiarore, voglia che esige uno spazio concettuale psichico dentro il quale la poesia si riappropria di ciò che la mente sta elaborando attraverso la rottura di un diaframma fisico trasparente al di là delle censure della coscienza.
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In questo dimensionamento confuso onirico, del tutto simile ad una condizione sognante, l’Autrice sembra parlare una lingua sconosciuta, unica chiave per accedere alle istanze più latenti della propria identità profonda, mappa alveolare destrutturata in una percezione terminale di essere
…ombra attorniata da ombre…
inseguita da spettri e fantasmi
che del passato incombono presenti…
La mappa del percorso di questa poesia si muove da note essenziali per giungere ad effetti sonori dinamici e ci apre le porte di un mondo lirico ancora inesplorato laddove il cantar d’amore sceglie radici all’interno di strutture ritmiche di astratto rigore: come corde di un’arpa lievemente percossa lasciano l’impronta di un’eco liquida accentuata dalla presenza reiterata della allitterazione.
…cullali dolcemente tra le tue calme onde
involgili teneramente con le tue tranquille acque
preservali dalla curiosità del malvagio…
Quindi, il dono della scrittura appartiene ad Eleonora Cogliati come annota Germana Marini, critico letterario, attratta dalla poesia autobiografica e accorata di Gocce di emozioni (“Il Convivio” Ottobre-Dicembre 2011).
“È lei, pertanto, che vigila a captare ogni interna voce, la ridda di conflitti, angosce, rimpianti che dentro le irrompe, puntualmente fissata nel diario dei giorni”. (Ibidem).
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Infatti, il testo poetico non nasce solo dai codici di riconoscibilità emotiva e dai segnali antropomorfici ma soprattutto dalla vissuta, sofferta trasgressione che scivola silenziosamente su immagini ricche d’una verità vissuta in cui l’Autrice annuncia la semplice meraviglia delle piccole cose.
Il critico Tito Cauchi scrive sulla raccolta Gocce impressioni molto in linea con il significato del presente studio. “Ritengo che le ellissi rappresentate dai puntini di sospensione nei versi, conducano a riflessioni e nel contempo a una sorta di auto contemplazione, di pudica soddisfazione. Potrebbe sembrare che siano lasciate a caso, costringendo a cercarne il senso; penso che stia qui il gioco dilettevole e poetico, complice e trascinante”.
Un’accuratezza di espressione genuina e irresistibile caratterizza la versificazione che riportiamo qui sotto, la quale restituisce emozioni attraverso brevi schizzi che tratteggiano eventi minimi e quotidiani, ricordi, gesti, brevi dialoghi resi con una musicalità sorprendentemente percepibile.
Ho scorto
tra marcio fogliame e secche sterpaglie
un fiore.
Non un bocciolo
ma una corolla avvizzita
rassegnata ad appassire.
Desideroso di vita
a dispetto della fine imminente.
Dono d’amore
e
…dono d’amare…
L’ho colto.
L’ho serbato dentro di me.
L’ho sostenuto col mio spirito.
Per un solo istante me ne sono scordata
tra le mie dita si è lasciato morire…
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Talvolta l’urgenza nervosa del verso e una certa frenesia fisiologica guidano – con uno stile misuratissimo – la composizione in un difficile equilibrio tra il confine rassicurante e insieme tragico delle proprie radici e la consapevolezza di una materia astratta dolorosamente arsa e incandescente.
E quando Eleonora Cogliati si trova al centro del labile confine tra realtà empirica e universo onirico, laddove forze propulsive e incontenibili del profondo inseguono liricamente una memoria che tace dietro le quinte di un sipario aperto, traccia le ali di una farfalla come liquide schegge di esperienza che formano ed elaborano in maniera profonda quei percorsi dispersivi e distratti che dalla percezione arrivano alla consistenza antropologica di troppi tramonti trascorsi.
Una bimba addormentata
stesa nell’erba e nel sole
i lunghi capelli ornati
da una corona di margherite
le esili braccia allargate ad abbracciare il cielo
chiusi gli occhi, aperto il sorriso.
Una farfalla
svolazzando di fiore in fiore
solletica il suo risveglio.
Curiosità e desiderio
germogliano da quel vivace batter d’ali.
La rincorre
fiduciosa.
Tanti, troppi tramonti son trascorsi
ma ancora, ormai donna, la rincorre.
Tale raffinata e profonda capacità autobiografica disarma qualunque lettore, che non può non amare un’Autrice così portata a travalicare i chiusi limiti dell’esperienza individuale e quotidiana per indagare ben oltre, in un viaggio lirico sospeso in astratti silenzi.
Sempre insistendo sulla stessa mirabile lirica poco sopra riportata, avvertiamo un processo di confluenza temporale verso un unico punto di massa intorno al quale gravita alla fine lo stesso lettore laddove ogni verso diventa fulcro di accumulo di una storia individuale e possibilità di rivivere questo insieme di spezzoni di linguaggio, di parole orfane in forma sequenziale ordinata.
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Nella poesia “Uragano”, pubblicata da Aletti Editore nella raccolta “Il Federiciano” 2011, la struttura ritmico-fonica, che rinuncia alla rima per rendere più libera la musicalità del verso e il movimento delle immagini, riverbera un uso accorto delle assonanze sparse poeticamente in un testo colmo di significati e di raffinate allusioni erotiche. Una filigrana autobiografica poetizza l’incidenza delle suggestioni fisiche con la dovuta moderazione in un solco di perfetta misura di fughe e di ritorni.
Stridule grida di gabbiani
inquieto batter d’ali
frenetico volo
odo
l’impeto del tuo alito
scorgo
nei bagliori la tua potenza
ti avverto
dio del male
e
respiro paura
ti guardo
rapita
…cancellare le impronte dei miei passi…
Sembra, quasi, che la paura di volare saldi quella linea immaginaria tra il reale e il sogno laddove un nichilismo cosmico diventa un limpido assolo di impressionante verticalità quasi a segnare una indicazione da consegnare al lettore nella spoglia nudità di richiami e di rimandi, quasi una sorta di intertestualità sperimentale continua e ricorrente. Elementi, questi, che sottendono tutta la produzione poetica di Eleonora Cogliati sempre a suo agio su un sicuro binario di compostezza espressiva che crea atmosfere dense, caratterizzate da componenti visuali che vanno svelandosi in un clima sempre più approfondito, più intimo di disincanto e di solitudine, come possiamo riscontrare in questi versi inediti dell’8 febbraio 2011.
Ho passeggiato accanto a te
lungo la riva del mare…
Ho ammirato
all’orizzonte
l’alba tingere le tenebre di rosa…
Ho vissuto la meraviglia del sole…
Ho osservato
al tramonto
il cielo infuocato velarsi di ombre…
Ho lasciato la luce spegnersi nel buio…
Parole che disegnano macchie di significati plurimi, silenzi e parentesi di imperfetta, metrica armonia attenta a cogliere il palpito della natura con delicatezza e attenzione alle sfumature di immagini in vibrazione.
♫ ♫ ♫ ♫ ♫
Molto intensa anche la breve lirica inserita da Aletti Editore nella raccolta “Habere Artem” del 2010.
Nell’oscuro vuoto dell’anima
una fievole eppur vivida speranza
nel profondo…
…come sul morire del giorno
una sottile ma fulgida lama
di luce all’orizzonte…
…a ricordare che esiste il sole…
…che oggi sarà domani…
Cogliamo, da parte dell’Autrice, una continua ricerca evolutiva della forma espressiva quasi fosse consapevole che il respiro della scrittura non sempre è sufficiente a riverberare compiutamente la percezione profonda di un’identità che vuole sopravvivere dicendo a se stessa che domani è un altro giorno. Quindi, gli ossimori – una fievole eppur vivida… una sottile ma fulgida… – suggeriscono una tremula palpitazione psichica lontana dall’accettazione della sconfitta esistenziale, tema molto caro alla poetessa, specialmente nella sua produzione più risalente.
♫ ♫ ♫ ♫ ♫
È del 5 ottobre 2010 una poesia che leggiamo a pag. 40 della silloge Gocce. Venata di naturalismo, appare come coperta da un velo onirico, da una percezione sempre lievitata dall’interno che trasfigura gli elementi lirici nel tiepido sopore dei sentimenti dove l’Autrice ritrova il ritratto vivido e memorabile di un delicato e profondo desiderio di infinito.
La dislocazione psichica di luoghi acquerellati flette la parola in formule classiche di armonia cosmica laddove il movimento vocale recupera le dinamiche foniche e ritmiche di un amplesso tra microcosmo e macrocosmo. Sulle formule classiche, derivate da una grammatica generativa interiore, torneremo in altra parte di questo saggio.
Accogli la mano che tendo incerta
stringila
e cammina al mio fianco…
Guidami
lungo sentieri impervi e sconosciuti
oltre le distese dei prati arcobaleno
oltre i declivi delle verdi colline
oltre le vette
…su…
…alle soglie del cielo…
abbandonàti in un volo infinito
Tutti i relativismi di questo mondo impallidiscono di fronte alla temperatura lirica generata dall’estro della poetessa che ci ha suggerito con un volo infinito anche il titolo per questa monografia.
L’apparato simbolico di Eleonora Cogliati è vasto, ricorre ai sensi, tramuta il corpo in un sistema di rilevazione di emozioni ad ampio spettro laddove si accende il desiderio mai sopito di perlustrare possibilità di linguaggio accessibili al nucleo segreto del dire e del fare. E ciò crea empatia nel lettore, nel suo essere corpo vivo, in vibrante sintonia con la contemporaneità.
Tormento…
…desideri proibiti…
di un tocco leggero…
di labbra sfiorate…
di uno sguardo…
…lama di luce che invade l’anima…
…gocce di emozioni…
Il verso di chiusura della lirica, che dà il titolo alla silloge, coglie con palpitante precisione l’istantanea di significati sospesi, affidati per lo sviluppo alle fantasie supplementari del lettore laddove si dispone lungo una cornice temporale ciò che accade in un istante e in tutta l’ambiguità di un istante.
♫ ♫ ♫ ♫ ♫
L’Autrice spande a piene mani nelle sue liriche micro variazioni, il sincopato, il troncato di netto, svolte minimali di un identico nucleo germinativo: infatti, deve orientare e affinare l’ascolto introspettivo dei processi della sua vicenda affettiva laddove la parola poetica è accolta in uno spazio mentale che ne valorizza la componente sonora, la sua pregnanza rapsodica e la sua forza evocativa.
Né passa inosservata la scelta di parole intrise di classicità militante, che presuppongono una valutazione da parte della poetessa alle prese con il suo talento lirico.
Per classicità militante intendiamo:
bronzeo profilo
ultimo raggio di sole
cupo orizzonte
fremito d’ali
Molto esplicativi del discorso sono i versi che seguono.
L’aurea penombra
esalta il tuo.
bronzeo profilo.
La tua pelle
riluce di un ultimo raggio di sole
ormai prigioniero del cupo orizzonte.
Ti stagli impassibile in attesa di un segno
un fremito d’ali
un gabbiano
si alza in volo
incontro alla tempesta
Felice attitudine a legare insieme, a vincolare, memoria e poesia, il dire e l’essere. Siamo davanti a un meraviglioso alfabeto di emozioni e sensazioni che sanno catalogare la solitudine delle parole quando hanno significato. L’emozione prima di tutto, senza la quale tutto quello che circonda l’essere sarebbe mera cronaca insignificante, anche perché, a dirla con Giorgio Vigolo, scrivere una poesia,
è sempre un colpo di mano sull’ignoto.
Quando l’essere amato si trova in un altro luogo: l’essere amato ha altre coordinate, la poetessa non possiede il codice di quelle coordinate.
Apro gli occhi ed è il buio
ascolto ed è il silenzio
tendo le mani ed è il vuoto.
Ti cerco… ed è la solitudine.
E quando la famosa prima stella della sera di Saffo ritorna
sfiorando il cielo con lo sguardo
ti ho trovata…
nel timido baluginio di quell’unica stella
che sola annuncia la notte
O quando l’Autrice coglie l’attimo per un’esistenza da esseri umani capaci d’emozioni (inevitabile citare un film del 1989, L’attimo fuggente, diretto da Peter Weir) creando un’apertura positiva verso la vita – lettrice attiva di simboli – mediante il grande potere della poesia.
Ripenso a quel pomeriggio
di inizio settembre
primi sentori d’autunno nell’aria
seduta al tuo fianco sulla riva dell’Adda…
…contemplare i riflessi del sole
oro che si fonde nel verde smeraldo…
…ad occhi chiusi ascoltare il silenzio
che esprime più di mille parole…
Rivedo quell’albero che nasce dall’acqua…
…e parla di te…
Ricordo…
…per rendere quell’attimo eterno…
♫ ♫ ♫ ♫ ♫
Tornando alla pubblicistica sulla silloge Gocce, abbiamo letto, con interesse, Giuseppe Leone (Pomezia Notizie, marzo 2012, pagg. 10,11) che nella sua puntuale disamina cita il pensatore francese Foucault a proposito del viaggio lirico di Eleonora Cogliati dal corpo all’anima. Il critico, inoltre, accosta felicemente la bora montaliana alle necessitate intenzioni tematiche dell’Autrice.
Meno d’accordo, invece, siamo su una collocazione nel “verseggiare moderno” che Leone fa rilevando la distanza dell’Autrice da atteggiamenti fatalistici classici, cioè dei latini e dei greci. Saremmo più propensi a cogliere nella poetessa talenti lirici calati in un clima post moderno in quanto tutti strutturati su un’onda di pensiero debole. Strutturati – si badi bene – come archetipi che hanno trovato libero campo nell’insolita sensibilità dell’Autrice a cogliere le sfumature socio-esistenziali che la circondano.
Né condividiamo il critico quando parla di “molli versi”. Tutt’altro che molle ci sembra la poesia di Eleonora Cogliati specie laddove ci piace pensare che la persona coincida con i versi che scrive. E laddove è evidente che le fragilità e morbilità dell’Autrice diminuiscono man mano che lei si approssima alla sua poesia e se ne impossessa. La poesia la seduce e quindi la guarisce. Appunto, attraverso la forza della poesia, come giustamente la giuria del “Premio In Versi”, 2012, scrive nelle motivazioni di assegnazione alla poetessa del primo posto nella sezione poesia inedita.
Alza lo sguardo alla notte
e
incàntati
immergiti nello splendore del creato
perditi nell’immensità del firmamento
assorbi l’eternità.
Non temere…
…allunga la mano…
…sentirai il calore di una stella…
Tanto che, un elemento neoclassico della poesia novecentesca, come l’eutanasia del ricordo (Pascoli, prefazione ai Poemi conviviali, 1904) recupera nei versi della poetessa, già testimone di un’epoca nuova, una freschezza inaspettata, post moderna e meritevole di attenzione. E le liriche edite ed inedite di Eleonora Cogliati, alcune delle quali già riprodotte nel presente studio, sono colme di ricordi che trapassano lievemente in una nuova consistenza antropologica.
Ci è caro, concludendo una linea affettuosa di analisi verso un’Autrice che ha soddisfatto in pieno il nostro desiderio di emozioni, riportare un breve concetto espresso dalla giuria del Premio Polverini nel novembre 2012, a proposito della silloge Gocce.
L’Autrice si impadronisce d’ogni anfratto di bellezza con le sue esistenziali gocce di emozioni.
Nota critica
di Angela Giassi
La lirica di Eleonora Cogliati scolpisce una compiuta arte poetica, capace di dire all’infinito, ben oltre i limiti di un chiuso componimento, per la semplicità e la generosità attraverso cui riesce a coinvolgere il lettore con immagini e parole piegate una sola volta, ansia di inespresso.
È difficile ascoltare il suono della poesia, calati come siamo in contesti plurimi funzionali, e allora occorre un “ponte” per uscire da logiche di necessità di cui è permeato il vissuto di tutti i nostri giorni.
Quindi, va accolta come un dono la sintesi poetica, alta, altra, di un’Autrice che, con sensibilità regala al lettore emozioni vissute che echeggiano un mondo d’affetti vagamente carezzato e amato spesso con rimpianto, raggiungendo esiti struggenti.
Le tue dita allentano la presa
e
annientata dal terrore
ti perdo…
inseguo nel palpito del tuo cuore
l’albeggiare
la rinascita della luce…
L’albeggiare diventa meraviglia e riempie un desiderio di infinito che trapela vibrante, creando anche questa volta, con un movimento interno, il tono levigato di una speranza.
Con sensualità femminile, venata di dolcezza ma pur sempre controllata e talvolta inaspettata, l’Autrice ci fa parte del suo universo esperienziale, intimo e privato, aprendo un sipario personale, denso di momenti sublimi e amare delusioni, nascoste paure e tentativi di volo.
Notte
crudele ammaliatrice
seducente complice delle mie emozioni
carezze che mi sfiorano nel buio
sospiri che mi cullano nel silenzio
percepisco la tua assenza
invadermi l’anima
insinuarsi nella mia intimità…
Non ci sono distanze, nessun ostacolo impedisce al lettore di abbracciare la tensione lirica dell’Autrice che, con intensa semplicità, conduce e accompagna in un universo di straniamento artistico, dove ogni cosa significa, al di là dell’apparente, come oggetto metafisico consistente.
Ritroviamo nelle poesie di Eleonora Cogliati l’amore passionale, l’amore materno, la solitudine e lo struggimento amoroso, restituite con una ampia gamma di sfumature laddove si rincorrono tra i suoi versi ricordi e paure, incertezze, e cadute di un animo travagliato, ma sempre volto alla continua ricerca del senso originario dell’essere, capace di commuovere e di suscitare speranza.
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